«’A/traverso’ era uscito nel giugno ’77 con un numero intitolato: La rivoluzione è finita, abbiamo vinto. Molti lessero il titolo come una battuta ironica. In realtà andava preso molto seriamente e alla lettera. Là dove i movimenti rivoluzionari del Ventesimo secolo avevano pensato di poter rovesciare e superare la forma sociale capitalistica, il movimento autonomo poneva le condizioni per una concezione del processo di liberazione. [..] Non si può più applicare il modello della rivoluzione politica: in questo senso la rivoluzione è finita.
Ma più difficile da interpretare è la seconda parte del titolo. Che cosa significa ‘abbiamo vinto’? Noi cercavamo con quella frase, quasi forse una sorta di scongiuro, o piuttosto l’indicazione di un atteggiamento mentale, di creare le condizioni per affrontare in termini di sperimentazione consapevole e collettiva il processo di estinzione del lavoro, quel processo reso maturo dall’immensa trasformazione determinata dalle tecnologie moderne, dalla sussunzione del lavoro tecnico-scientifico entro il processo produttivo, che rendeva possibile la sostituzione del lavoro umano, l’estinzione del lavoro come modello dell’attività.
[..] Tutti erano convenuti a Bologna con grandi attese che erano andate frustrate. Alla domanda di una soluzione postorganizzativa, il quadro politico riproponeva come risposta il vecchio modello, e gli altri non avevano né l’energia né l’invenzione capaci di dare una nuova soluzione politica, perché una soluzione politica non c’era. [..] Tutti si ripromettono d continuare, di andare avanti, ma nessuno sa nascondere a se stesso la drammatica domanda: avanti come? avanti dove?»
da L’orda d’oro 1968-1977 di Nanni Balestrini e Primo Moroni